lunedì 9 novembre 2009

La musica dei gesti, la musica delle parole



I “cani attori” di Claudio Mangini, attraverso il linguaggio dei sordomuti, “traducono” i testi delle canzoni.

E' successo a Fermo, nelle Marche, e nella terra d'origine dell'animal trainer toscano: la maremma.
Ma andiamo con ordine.
La parola è soltanto uno degli strumenti di cui ci serviamo per dialogare con i nostri simili; in percentuale non rappresenta che una modesta componente del linguaggio globale che è invece costruito su una composita e variegata serie di modalità espressive mediante le quali l'essere umano proietta messaggi ed emozioni che spesso addirittura prevaricano la parola sino a sostituirne la potenza.
La conoscenza della comunicazione “non verbale” permette di scoprire i segreti più intimi di se stessi e di trasmetterli agli altri, e in una normale conversazione rivela un linguaggio che va al di là della parola.
La posizione del corpo, i segni e i gesti che l'individuo esprime durante un pensiero e durante un dialogo non sono casuali, ma correlati ai suoi stati emotivi.
Ma cosa succede quando il nostro bisogno di ricevere e comunicare un'emozione diventa musica?
Quante volte abbiamo trovato in essa le parole che a noi mancavano per esprimere un pensiero?
I gesti del corpo – pensiamo alla danza combinata alla musica e ai suoi testi - diventano messaggi che sottolineano e penetrano in profondità, arrivando con tutta la loro forza anche laddove l'udito di un essere umano meno fortunato non potrebbe.
Il linguaggio dei segni, quindi, sfrutta il canale visivo-gestuale ed il messaggio viene espresso con il corpo, trasmettendo emozioni contestualizzate nell'ambito di una raffigurazione di ampio respiro.
Da questo concetto nasce “ LA MUSICA DEI GESTI, LA MUSICA DELLE PAROLE” - un progetto creato dall'animal trainer Claudio Mangini e condiviso dal gruppo musicale “Jalisse” (vincitori del Festival di Sanremo nel 1997 con “Fiumi di parole”) nell'ambito del loro progetto “CRESCERE INSIEME, L'ARTE PER”.
L'obbiettivo di Claudio Mangini è stato quello di far “tradurre” ai suoi cani, attraverso il linguaggio dei sordomuti e “non verbale”, i testi delle canzoni preparati dai ragazzi delle scuole italiane coinvolte nel progetto del duo musicale Jalisse; un lavoro lungo e molto complesso di relazione con i suoi animali che verrà presentato insieme ai Jalisse il 28 novembre a Faenza nell'ambito del MEI (Meeting Etichette Indipendenti) presso lo stand istituzionale S.I.A.E.


D: "Come ti è venuta questa idea?"
R: "Un giorno venni in contatto con un bambino sordomuto che venne con la famiglia ed il suo cane al mio centro. Il piccolo non riusciva a giocare correttamente con il suo inseparabile compagno a quattro zampe, e la cosa gli creava un gran disturbo psicologico che si sommava alla sua impossibilità di comunicare come tutti gli altri bambini della sua età. Studiai quindi il caso e cominciai a lavoraci sopra. Notai che tra il mio modo di lavorare per il cinema, dove i comandi vengono dati con il corpo e non con la voce, e le esigenze del bambino c'era un gran parallelo di fondo su cui avrei potuto sviluppare questa particolarissima applicazione."
D: "Quanto lavoro c'è dietro ad un progetto del genere?"
R: "Tantissimo. Per partire in modo serio ho dovuto per prima cosa imparare le basi del linguaggio per i sordomuti, dopodiché entrare in contatto con gli specialisti del settore (psicologi dell'età evolutiva e del linguaggio). Solo dopo questo percorso formativo e molti tentativi andati a vuoto, ho trasferito tutto il lavoro sui cani, finalizzandolo ad uno scopo pratico."
D: "Puoi descriverlo?>"
R: "Beh, basta pensare cosa possa significare per un sordomuto avere qualcuno con cui parlare, a cui chiedere qualcosa... nella sua lingua. Ma questo non mi bastava: avevo bisogno di far trasferire anche delle emozioni. Particolarità dei rafforzativi e delle dinamiche vocali. La strada più difficile è stata sicuramente questa, ed in essa ho trovato ancora una volta l'intuizione nel lavoro che svolgo per il cinema, visto e considerato che lo scopo dei film – soprattutto con gli animali – è quello di trasferire emozioni."
D: "Quanto bisogna studiare per poter affrontare un lavoro di questa portata?"
R: "Molto; non c'è dubbio. Quando vai a toccare temi di così grande importanza sociale non si può pensare di addestrare un cane a compiere degli esercizi, ma si va oltre. Si naviga costantemente in quella linea di confine comune che io chiamo “intesa”. Le discipline da cui ho attinto per arrivare a questo risultato sono molte: oltre all'etologia, la PROSSEMICA (la disciplina che studia lo spazio e le distanze all'interno di una comunicazione verbale e non verbale), la CINESICA (che studia i fenomeni comunicativi appresi ed eseguiti attraverso i movimenti del corpo), la SEMIOTICA (la disciplina che studia i fenomeni di significazione e comunicazione) ...e qualche piccolo segreto personale."
D: "Come è nata la collaborazione con i Jalisse?"
R: "Ci siamo conosciuti nell'ambito di una manifestazione vicino a Venezia a cui abbiamo partecipato insieme e abbiamo messo sul tappeto i nostri comuni progetti in modo molto naturale. Loro stavano lavorando ad un progetto con i ragazzi delle scuole ed abbiamo deciso di affrontare insieme questa splendida avventura. Siamo tutti e tre molto vicini al mondo dell'infanzia e alle problematiche sociali. E' il cuore che ci unisce, oltre alla musica e all'amore per gli animali; direi un connubio perfetto tra persone che hanno lo stesso spirito."

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sabato 5 settembre 2009

Alcuni film fanno più di mille petizioni


Attraverso il cinema si è portata negli anni tanta conoscenza.
Si sono fotografate emozioni comuni, dolori e a volte addirittura sensazioni sconosciute; ma come in ogni epopea umana anche il mondo della celluloide non è esente da errori e da progetti discutibili sotto il profilo etico o morale.
Io mi occupo di cinema con gli animali e per gli animali, visto che non esiste nella cinematografia un film “contro” gli animali.
Quando vedo Lessie (per citarne uno) mi commuovo ancora oggi di fronte al messaggio d'amore e di relazione che porta in se; un messaggio che ha attraversato le generazioni e che non sfugge nemmeno ai più insensibili cuori umani.
Chi non ricorda Bambi, Dumbo?
Secondo voi quanti animalisti moderni sono nati sotto quelle stelle? Quanto amore per gli animali è nato e cresciuto dietro a questi cartoni animati o a questi film?
Tanto. Tantissimo. Al punto tale che l'animale è diventato oggi un componente della famiglia e, nella maggior parte dei casi, inteso alla stessa stregua di un figlio.
Sono aumentate la voglia di conoscere e la consapevolezza, la quale permette a tanti di sognare in un mondo privo di sogni, portandolo a vivere emozioni profonde davanti ad uno schermo.
Ci sono film che hanno scosso le coscienze di miliardi di individui sul pianeta; alcuni dei quali sono valsi più di mille petizioni o cortei.
E questo perché?
Perché sono stati capaci di entrare in profondità.

Io ho sempre fatto quel cinema, scegliendo tra le sceneggiature quelle più appropriate ed in linea con questo messaggio; con lo stesso spirito che accomuna molti miei colleghi.
Certe persone dovrebbero capire che il loro mestiere (educatori, ricercatori, zooantropologi, etologi, cinofilosofi, profeti e semplici appassionati) nasce spesso - o deriva - da queste piccole e grandi opere, le quali permettono oggi anche a loro di partecipare in un modo diverso alla relazione uomo/animale rispetto a decenni fa.
Un esamino di coscienza non gli farebbe male.

Alzi quindi la mano chi non ha colto il messaggio di profondo amore, comunicazione, partnership e rispetto espresso in questo film - "Hidalgo, inferno di fuoco" (nella foto).
Meditate gente... e diffidate da chi predica contro questi animali ed i loro amici preparatori: tali relazioni sono possibili solo secondo un criterio di collaborazione...non di addestramento.

domenica 3 maggio 2009

Cani attori








Molti amici e clienti mi chiedono spesso se esistano o meno in Italia delle scuole per la preparazione di cani attori, o semplicemente alcuni indirizzi utili a cui rivolgersi per far partecipare i propri cani ai cosiddetti “casting cinematografici”.
L'attività di addestramento degli animali per il cinema un tempo veniva svolta dai circensi, i quali erano in grado di fornire, oltre all'animale richiesto, un buon numero di figuranti e stunt man.
Oggi le produzioni si avvalgono di figure professionali specializzate dalla comprovata esperienza nel settore, con un crescente interesse verso la figura più complessa “dell'animal trainer” (che si occupa di più specie animali), la quale è sempre più richiesta e preferita rispetto a quella dell'addestratore di “cani attori”.
Premesso questo, credo che sia doveroso specificare che le produzioni fin dalla prima sede (la sceneggiatura) hanno le idee piuttosto chiare sul cane a cui sono interessati.
Sono infatti gli autori che normalmente scelgono nel loro immaginario i soggetti a seconda del messaggio che vogliono dare.
Il cane, già nelle primissime fasi di scrittura di un film o di uno spot, sarà alto o basso, di piccola, media o grande taglia; di una razza piuttosto che un'altra, con pelo lungo o corto, lasciando poco spazio alle ricerche “last minute” o semplicistiche.
Da qui si può facilmente intuire che i cosiddetti “casting” per i cani attori, nella realtà dell'industria cinematografica, non esistano o siano pressoché inutili nel caso fossero proposti da qualcuno.
Questo non significa però che il vostro cane non potrebbe interessare ad un professionista del settore. Può capitare, ma accade raramente, che un animal trainer usi animali che non siano di sua proprietà.
I motivi sono molti, a partire dalla fiducia incondizionata(anche reciproca) che l'animale deve avere nei confronti dell'addestratore (particolarità che si conquista dopo molto tempo e lavoro), per arrivare alla preparazione millimetrica di esercizi di varia natura, passando per il fattore sicurezza.
A questo si aggiungano i costi di un set (migliaia di euro all'ora – considerando tutto il personale interessato).
Al regista non si può certo rispondere <<aspetti un attimo>> oppure <<il cane non riesce a fare questo o quello>>, o peggio ancora <<Un attimo e riproviamo...>>. “L'attimo” costa molto alle produzioni e, giustamente, non lo concedono mai.
Per questo ed altri motivi, quindi, le proposte di “casting” per cani attori non hanno nulla a che vedere con la vera realizzazione di un film o di uno spot, ma restano dei semplici database di cani (spesso non adatti sotto il profilo caratteriale o dell'addestramento) che nessuna produzione guarderà mai (perché non è così che li cercano).
Le produzioni conoscono bene i pochissimi rappresentanti di questa disciplina e nel caso in cui non ci fossero soggetti disponibili in quel momento, non rischiano migliaia di euro/ora con soggetti alternativi che non possono dare garanzie di riuscita, ma li cercano attraverso le agenzie estere (l'ultimo “Rex” è solo uno dei tanti esempi).
Poi c'è un mito da sfatare per quanto concerne la “bellezza” del cane: i cani per il cinema sono in prima battuta “iper addestrati”, in seconda battuta sono “iper socializzati” ed in terza sono caratteristici – non belli o brutti.
Al film non interessa molto che il cane sia campione ACCP, BOB, abbia vinto i mondiali di morfologia o sia semplicemente “bello” per il proprietario o per il gusto del regista. I soggetti proposti passano normalmente al vaglio del “direttore di fotografia”, il quale ne riconosce le particolarità funzionali in virtù dei parametri e dei criteri cinematografici (che sono tutta un'altra faccenda).
In merito alle scuole, si fa prima a chiedersi una cosa: come mai gli addestratori per il cinema sono pochi mentre gli addestratori “generici” sono molti? Dove sta la differenza tra le due categorie?
La risposta è molto semplice: non tutti i cani possono fare gli attori, così come nessuna accademia potrà mai far diventare un essere umano un attore... se alla base non c'è il talento.
Nel caso dei cani attori questa componente deve esserci da entrambe la parti, e ciò rende la cosa ancora più difficile.
Per prima cosa, quindi, sarebbe opportuno fare un corso di regia, al fine di imparare a vedere le scene attraverso gli occhi del regista e non dell'addestratore. Solo in questo modo, acquisendo cioè la capacità di interpretare un'esigenza tecnico/creativa (quella del regista) si potrà partire con l'addestramento mirato per il set.
I corsi di regia, se ben fatti, aiutano anche a saper leggere le sceneggiature in modo corretto e a prevedere quindi quelle caratterizzazioni che il cane dovrà necessariamente avere in un preciso contesto.
Dopo questo primo passo obbligatorio si passa all'addestramento per il set, sempre che il soggetto sia adatto per tale attività.
Il lavoro da quel momento è molto lungo e impostato sui “close up” (comandi facciali), sulla guida a distanza, sull'interazione naturale con gli estranei, sui comandi “non vocali” (a causa delle microfonature e dei dialoghi che rischiano di distrarre il cane o prevaricare addirittura la recitazione degli attori), sui “target” (il cane guarda o lavora in una direzione opposta a quella dell'addestratore senza un punto di riferimento) e sui movimenti in piccoli spazi (soprattutto quando si gira in interno).
Le scuole per questa particolare attività non esistono ad oggi in Italia, per il semplice fatto che la commistione di studi è multidisciplinare, interdipendente e richiede molto tempo e, come valutazione personale, sconsiglio l'utilizzo del "clicker training". I cani "cliccati" hanno gli occhi maniacalmente fissi sull'obbiettivo (generalmente l'animal trainer o l'oggetto di scena) e si muovono a scatti (troppo velocemente e spesso in modo "robotico") a scapito della naturalezza e dell'interpretazione.
Etologicamente parlando, ma pur sempre di opinione personale si tratta, il clicker è un sistema di addestramento che limita la mente del cane, visto che si basa sul "condizionamento".
Un cane condizionato sarà anche un cane addestrato, ma poco capace di prendere iniziative personali in particolari situazioni si scena (il cane deve capire cosa sta facendo, in quale contesto - scene dinamiche - e perché).
Il consiglio che posso dare, è quello di cominciare con i corsi di regia, avvicinandosi parallelamente agli studi etologici e di addestramento (ce ne sono di vario tipo, ma sono preferibili quelli a forte base relazionale), passando successivamente alla gavetta con un animal trainer riconosciuto (valutare bene il suo curriculum) che sappia darvi quegli strumenti utili che possano farvi crescere in termini professionali.



In questo spezzone tratto dal film “Qualcosa è cambiato” (Gracie Films – 1997 - Columbia/TreeStars Pictures) il simpatico Griffoncino di Bruxelles addestrato dal mio carissimo amico e collega Roger Schumacher.
Da notare gli spazi ristretti di lavoro e la difficoltà degli esercizi (ripetuti più volte in modo identico tra l'altro), oltre all'uso dei target e la naturalezza dell'interpretazione.
Molti cani fanno questa serie di esercizi ripetuti a casa, è vero, ma il difficile è farlo a comando, su un set, con attori che il cane non conosce, sotto i riflettori, stando nei tempi, nei tagli di una precisa inquadratura senza mai uscirnere, mantenendo la naturalezza...
Provare per credere.